Il sito archeologico del Monte Roccerè – Parte I: le coppelle
La vetta del Roccerè con i suoi 1800 metri di quota è ben visibile dalla bassa Val Maira, come le tracce dell’incendio che dal 12 al 16 febbraio 1990 ha imperversato risalendo la montagna, ha arso gli alberi fino alle radici e a causa delle elevate temperature ha sgretolato la roccia; ma che ha anche consentito il ritrovamento di uno spettacolare sito archeologico.
Infatti, a seguito di un approfondito sopralluogo sul versante sud del monte, in località Roccias Fenestre, Comune di Roccabruna (Valle Maira – Piemonte/Italia) il 10 agosto 1991 Riccardo Baldi, ri-scopriva il più importante sito di arte rupestre presente nel Piemonte occidentale.
La notizia del ritrovamento venne resa nota nel luglio del 1993, tramite la pubblicazione scientifica “Survey” n°7-8 del Centro Studi e Museo d’Arte Preistorica di Pinerolo. Si tratta del più importante sito di Arte Rupestre dell’Età del Bronzo, in Provincia di Cuneo.
Il sito si mostra come letteralmente costellato da tazze scavate nella roccia denominate coppelle.
Fig.1 – Alcune coppelle probabilmente dell’età del ferro, riconoscibibili dal fondo piatto e pareti ripide (Foto di Marilena Bosticco)
La presenza di questi manufatti permette di confrontare la scoperta con altri ritrovamenti in altri siti, e fornirci le prime indicazioni di quando sono state realizzate, sebbene la datazione delle coppelle non sia semplice.
Le coppelle sono tra le più semplici incisioni rupestri che possono essere state realizzate dall’uomo. Si pensa che le più antiche possano addirittura risalire al mesolitico (oltre 10000 anni fa), sicuramente sono testimonianze del neolitico, probabilmente le più numerose sono dell’età del bronzo ed è questa l’epoca presunta per il sito archeologico del Monte Roccerè.
Le coppelle più profonde, regolari e con il fondo piatto appaiono realizzate con oggetti metallici, e quindi più recenti, risalenti all’età del ferro.
Altre meno evidenti e più concave sembrano realizzate con i cristalli di calcite (roccia simile al quarzo) presente in quantità vicino alla vetta e potrebbero essere dell’età del bronzo o forse più antiche.
La lavorazione di una singola coppella doveva essere un’operazione lunga e faticosa, si stima in 6-7 ore l’impegno di una persona affichè riesca a scavere una tazza di pochi centimetri di diametro.
Possono essere di dimensioni molto differenti; sono note microcoppelle di pochi millimetri di diametro,fino a coppelle che raggiungono dimensioni di decimetri.
Fig.2 – Coppella a forma di vulva posta su di uno dei massi altare del Monte Roccerè, si noti la presenza di una canaletta probabilmente utilizzata per i giochi i d’acqua (Foto di Marilena Bosticco)
Talvolta sono singole, altre volte a coppie, a terne, o a gruppi; vi sono rocce letteralmente tempestate di coppelle anche sovrapposte, segno la loro produzione si sia prolungata nel tempo.
Resta oscura la funzione assolta da queste incisioni nella roccia, che accomuna il sito del Roccerè a decine di luoghi archeologici in europa.
Le coppelle potrebbero essere collegate a culti legati all’acqua o a sacrifici. Infatti le coppelle per la loro conformazione possono svolgere la funzione di raccogliere liquidi: acqua ma anche sangue di vittime sacrificali. Ed è questa una delle prime ipotesi formulate dagli archeologi (de Caumont 1830).
Fig.3 – Coppelle su di un masso, queste tazze nella roccia sono l’ideale per la raccolta di piccole quantità di liquido (Foto di Marilena Bosticco)
Siccome alcune coppelle risultano collegate da una rete complessa di canalette, alcuni avanzano l’ipotesi che attraverso le coppelle si potesse sviluppare una delicata funzione di divinazione, magari attraverso delle pratiche di idromantica o di altre forme di previsione similari, basate sull’osservazione del movimento dei liquidi.
Altre idee vorrebbero le coppelle come una sorta di mappa di luoghi, una specie di catasto preistorico da usare per chissà quali fini.
Alcuni autori ritengono che le coppelle potessero essere riempite di grassi vegetali o animali per creare fuochi controllati visibili anche a grande distanza, considerata la mancanza di altre fonti luminose e la posizione dominante di gran parte dei siti.
Da non trascurare è l’ipotesi che questi fuochi potessero essere di carattere votivo come sembra indicare la pratica molto più tarda di porvi lumi e candele lamentata e vietata dalla Chiesa nei canoni ecclesiastici dal V al IX secolo (Arcà 2013).
Il geologo e naturalista Édouard Desor, nel 1878, aveva formulato l’ipotesi che i catini litici, rappresentassero costellazioni nella sua dissertazione: Les pierres à ecuelles, Matériaux pour l’Histoire Primiteive et Naturelle de l’Hommes – Desor (1878).
Fig.4 – Disegno di masso coppellato estratto da “Les pierres à ecuelles, Matériaux pour l’Histoire Primiteive et Naturelle de l’Hommes” – Desor (1878).
In questo trattato, si addentra nella questione sui possibili usi e significati delle coppelle. Prende in esame le classiche idee dell’epoca: che siano manufatti a fini religiosi, contenitori di sangue per le vittime di sacrifici. E osserva che talvolta la loro disposizione verticale li rende non idonei al contenimento di liquidi.
Introduce, quindi altre possibili funzioni di “rappresentazione”: motivi decorativi, immagini del Sole, pietre miliari. Il fatto che talune pietre coppellate non presentino alcuna regolarità introduce la possibile interpretazione astronomica:
[…omissis…] Celle absence de toutte règle a conduit quelques archéologues suis à se demander sipeut-etre on n’avait pas voulu imiter certains constellation de la voute cèleste. On cite en particulier un bloc des environs de Bienne, celui-la merne qui a ètè transportè au musée de Berne, dont les ècuellessimulent plus ou moins la constellation de la grande Ourse. Il sera prudent en tous cas d’attendre que d’autres blocs à ècuelles viennent confirmer cette interpretation. […omissis…] (estratto da Les pierres à ecuelles, Matériaux pour l’Histoire Primiteive et Naturelle de l’Hommes )
Erano ancora vive le accese discussioni circa la loro origine antropica o meno dei catini litici (altro nome delle coppelle) e nel formulare tale idea, Desor, si premurava di scrivere che era venuta a “qualche archeologo”, quasi a volerne prendere le distanze. Per prudenza, proponeva di attendere, che altri blocchi di pietra possano confermarne l’ipotesi.
Questo spiegherebbe perché, alcuni, in questa raccolta di coppelle ci scorgono asterismi stellari e costellazioni.
Fig.5 – Coppelle sovrapposte alle Pleiadi.
Un’altra interpretazione vorrebbe che l’esecuzione delle coppelle fosse il risultato di microescavazioni per procurarsi da determinate rocce una discreta quantità di minerale, ritenuto taumaturgico; in questo caso la coppella sarebbe semplicemente il prodotto dell’azione praticata per ottenere il prodotto. Questa tesi si adatta bene a spiegare l’eccezionale diffusione di coppelle che si osserva sul monte, come un gesto quasi votivo praticto da una relativamente numerosa popolazione locale.
Naturalmente queste idee non si escludono a vicenda anzi probabilmente assolvevano più funzioni insieme. Complessivamente gli archeologi hanno ipotizzato almeno 104 possibili idee di utilizzo di questi manufatti e, viste le migliaia di coppelle peresenti sul sito, credo che tutte queste funzioni sono ritrovabili sul sito del Monte Roccerè.
Fig.6 – Figura antropomorfa realizzata con coppelle sul masso altare (Foto di Marilena Bosticco).