LA NASCITA DEL CALENDARIO

L’organizzazione degli esseri viventi, i cicli biologici e quelli del mondo vegetale sono intimamente legati allo scorrere del tempo. La nascita, l’invecchiamento e la morte, il fiorire delle piante in primavera la loro maturazione in estate con la raccolta in autunno seguito dal grande riposo invernale sono aspetti ciclici che ne hanno stimolato la misura del tempo e fin dall’inizio sono stati collegati a fenomeni astronomici.

Sostanzialmente sono tre i fenomeni cosmici che hanno permesso all’umanità di misurare lo scandire del tempo: il giorno (legato alla rotazione della Terra sul proprio asse), il mese (ispirato dal succedersi delle fasi lunari) e l’anno (rivoluzione della Terra intorno al Sole), e di come questi fenomeni siano stati studiati e utilizzati possiamo trovarne tracce sin dagli albori della civiltà umana.

Uno dei più antichi manufatti conosciuti è un pezzo di fibula di babbuino su cui sono incise 29 tacche. Trovato sulle montagne di Lebombo tra il Sudafrica e lo Swaziland negli anni ’70 durante gli scavi di Border Cave, una grotta che abitata sin dal 35000 avanti Cristo, è il primo artefatto astronomico/matematico che ci suggerisce come vi fosse già l’interesse a misurare il trascorrere dei giorni e di metterli in relazione con il periodo sinodico delle fasi lunari.

L’Osso di Lebombo è probabilmente uno dei più antichi manufatti di uso matematico mai realizzati dall’uomo.

Come quasi tutti i reperti, l’interpretazione non è univoca. Non si può escludere, che l’osso di Lebombo, fosse stato utilizzato come strumento di calcolo o come strumento medico per la prevsione del ciclo mestruale, che però è mediamente di 28 giorni. L’idea del ciclo lunare è quella prediletta dagli astronomi resta lo strumento di calcolo che richiama il bastone da calcolo ancora usato dalla locale popolazione boscimani in Namibia.

Daltronde l’osso è fratturato per cui il numero di incisioni potrebbe essere stato maggiore di 29… sigh!

Però strumenti simili con richiami all’astronomia sono comuni; l’attenzione alle fasi lunari infatti la si può ritrovare anche in manufatti di epoca successive in località distanti migliaia di chilometri, come l’osso di Blanchard.

L’Osso di Blanchard un possibile calendario lunare del neolitico.

Quest’osso ritrovato del riparo Blanchard in Dordogna (Francia) è stato datato 28000 a.C. e presenta delle incisioni semilunare, la più grande di mm. 1,7; una delle più piccole di mm. 0,5. Sebbene le differenti forme richiedono una buona illuminazione e capacità visiva per essere apprezzate nella loro varietà, potrebbero essere la rappresentazione le differenti fasi lunari come propone Alexander Marshack (1972) è un’ipotesi intrigante che accomuna l’uomo di Cro-Magnon a quello di Lebombo nella misurazione del tempo e suggerisce l’esistenza di un primitivo calendario lunare.

Marshack era stato incaricato dalla NASA di scrivere una storia del rapporto dell’uomo con la Luna ed era rimasto colpito dalla profonda conoscenza che i popoli arcaici avevano sul moto dell’astro, conoscenze che dovevano avere sviluppato nei millenni precedenti. Aveva studiato vari reperti risalenti al paleolitico e si era anche accorto che due dei bisonti dipinti nella sala principale della grotta di Lascaux e rappresentati fianco a fianco, mostrano uno il pelo completo invernale e l’altro la muta estiva, come a testimoniare l’interesse alle stagioni anche da parte di una popolazione costituita da cacciatore-raccoglitori.

Di questo primitivo metodo per misurare il trascorrere del tempo troviamo traccia anche nelle incisioni rupestri di Laussel dove il calendario lunare per la prima volta è collegato a quello solare.
La venere di Laussel è molto più giovane, e con solo 20 000 anni, è un bel esempio arcaico di fusione tra scienza e bellezza. Le forme dei soggetti e l’emozione della gravidanza è integrata con la misura del tempo. E’ suggerito un collegamento naturale tra i cicli lunari e l’attesa del travaglio.

La rappresentazione delle 3 veneri data da Michael A. Rappenglück.

Seppure reperti oggetto di discussione, il fatto che fossero portatili, ossa o loro rappresentazioni, in cui possiamo ritrovare i cicli astronomici, può darci l’idea che circa 20.000 anni fa è nato il Calendario, quasi come lo conosciamo oggi.

Particolare dell’osso retto da una venere.

Queste tracce ci offrono una visione dei nostri antenati ben differente da quella che avevamo solo cinquanta di anni fa, quando ben pochi erano disposti ad ammettere che il pensiero dell’uomo paleolitico fosse qualcosa di diverso da un informe groviglio di superstizioni. Oggi dobbiamo ammettere che l’uomo della pietra pensava e organizzava il proprio spazio secondo regole e aveva sviluppato interesse ai fenomeni celesti come verrà testimoniato nei millenni successivi con la con la costruzione dei monumenti megalitici regolati da architetture astronomiche-calendariali.

BUON’ANNO A TUTTI I LETTORI!!!